Nombre y apellido |
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Egisto Malfatti |
Dov’è Viareggio timida
di cinquant’anni fa,
col buccellato al comodo
e ’l pozzo da stasa'.
Dov’en finiti i groncioli
per fa la panzane',
la cena co’ ballocciori
e un salacchino in tre.
I pippori, le puppore,
le toppe sul sofà,
i caldanini, i canteri,
le scarpe a trainanà;
le lendine, le caccole,
l’arcile, il canapè,
le bucchie, le cimbraccole,
la lippa e ‘l catafè.
Che fine han fatto ‘billori,
i bruglioli, ‘l ghindò,
i semelli de’ Bamboli,
le chiappe dell’Angiò.
Di bodde e di ciottellore,
di ghiande del Perù,
di pasimate e tullore
non se ne parla più.
Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così,
per trarmi d’impaccio,
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.
Lo zipolo, lo zenzero,
sdilezzora un po’ vì.
Leva le seme al coombalo,
'un mi fa più agganghi'.
Mi s’è sturato un frignolo,
il ciuccioro dov’è?
O Gavinosa, ‘l bambolo
pistellelo un po’ te.
Le zizzole, le chiocciore,
i fagioli da sgrana',
fra mignori e mignagnore
passò la bella età.
Caadori e calapugnori
L’asfalto cancellò,
de’ ciottorini e ‘bignori
Ognuno si scordò.
Trabiccoli e ammenniori
han preso ormai la fe'.
I tangheri, i belliori
con tutto il ciriè.
Ha detto bene ‘l Meccheri:
"Dal Novecento in su
Viareggio senza caccari
'un si conosce più".
Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così,
per trarmi d’impaccio,
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.
I barbagianni, i moccoli,
mutande da sgruma';
i gangheri, gli zoccoli,
capò da sbatacchia'.
Non più a sede' su’ sogliori
da molti lustri in qua;
baldorie co’ pinugliori,
sacconi da rifa'.
Va' dal barbiere e tositi,
spidocchiti, Miè;
piglia ‘l bruschino e sgrumiti,
più leti non ce n’è.
'Un ti lisa' più ‘gomiti
goiate non ce n’ho.
'Un t’ingubbia', po’ vomiti,
clisteri 'un te ne fo.
Oggi ho ingollato un noccioro,
a letto devo sta’;
Mi s’è ‘mpiombato ‘l coccioro,
ho voglia di aonca'.
Va' al Monte Pegni e spignora
la giacchettina blu;
risciacquiti la gnagnora,
che non ne posso più!
Col triccheballacche
del tempo che muore
cantando rivado
l’antico colore.
E dal mondo che va così,
per trarmi d’impaccio,
lo sai cosa faccio?
Non dicendo che ciò che è cambiato
sia del tutto, del tutto sbagliato
io non vengo tacciato da ingrato
e beato ricordo i bei dì.
Col triccheballacche, col trullerallera...
Col triccheballacche, col trulleralà-là-là-là-là