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Gusmano Menestrello del Varignano (1978)

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Foto  de Egisto MalfattiEgisto Malfatti

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Fra canzone e teatro dialettale, Egisto Malfatti canta e recita l'atto di nascita della maschera del quartiere Varignano.

Tommaso Lucchesi
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Gusmano, menestrello del Varignano, ho la rima facile e niente mi sfugge, serenate per tutte le occasioni: battesimi, cresime e matrimoni.
Conforto le vedove e se han sempre della ciccia addosso li faccio la funzione dei morti.
Ci siamo tutti? Bene!
Tanto guarda, la minestra è scodellata, il vino l'abbiamo travasato, il formaggio l'abbiamo grattato fino alla "grosta", col lesso di ieri ci abbiamo fatto la frigassea e i bamboretti s'en già lavati le mani, il lavandino l'abbiamo sturato, alla zi’ Telene n'ha già fatto effetto la purga, la creolina nel comodo ce l'abbiamo buttata, il bottino è sotto il livello di sicurezza e 'un c'è periolo che stralevi, a biascia’ il pane per metterlo nelle torte di Pasqua cominciamo domani, se nessuno si viene a rompe i coglioni si possiamo mettere anche a tavola.

Verrà o non verrà,
la rima non è facile si sa.
Ci prova la mi' nonna che ha ottant'anni
col suo Giovanni e ni fa:
vedrai che non verrà,
vedrai che non verrà.

Mangia' abbiamo mangiato, i bamboretti la parte l'han già fatta, a bagnanti n'abbiamo scritto e i matarassi l'abbiamo rifatti, il latte l'abbiamo messo alla finestra perché 'un s'accagli, la vecce è a grani’ sotto scava, i caldanini l'abbiamo sbracciati, il lumino a’ marittimi l'abbiamo acceso, la cassetta del pattume è sul sogliero, la zi’ Telene l'abbiamo rimboccata, Carosello l'abbiamo visto, dov'è, dov'è la donna l'abbiamo saputo, il bagno lo faccio un altr'anno, tanto te non ti si può tocca' perché hai fatto il voto, se nessuno si viene rompe i coglioni si possiamo mettere anche a letto.

Verrà o non verrà,
la rima non è facile si sa.
Ci prova la mi' nonna che ha ottant'anni
col suo Giovanni e ni fa:
vedrai che non verrà,
vedrai che non verrà.

Il gallo ha cantato a gallina, la sirena dell'estense 'un ha sonato, i bamboretti 'un voglino anda' a scola, il latte si è incagliato, lo sciacquone si è intasato, la zi’ Telene è sempre viva. Piove, tira vento e trona, e io, che sono il padrone di casa, dovrei essere fresco come una rosa, ma siccome mi hai rotto i coglioni tutta la notte, ho più sonno di prima.

Parole, nient'altro che parole,
frasi soltanto che durano poco,
appattumate come viene viene,
non pronunciate bene.
E tu, paziente come sempre,
come non mai, come faccio io,
stai volentieri al gioco, Viareggio.
Amore mio perché lo sai
quanto ti si vol bene,
come eri, come sei, come sarai.
Forse non come prima, non lo so.
Sarai quel che vorrai,
purché tu sia sincera.
Quello che è fatto è fatto,
per me sta bene tutto.
Anche stasera, bada,
non è che io vada alla ricerca vana di qualcosa.
Qualcosa che credevo aver perduto, no.
Questo è solo un saluto,
un cenno con la mano,
un po' logoro forse,
un po' stantio,
Che viaggia verso te, ma
un te lontano,
Viareggio amore mio.

C'era una cordicella in via Pinciana
dove ogni viareggina stendeva i panni;
vedevi le braette della Drusiana
le camicette rosa di chi ha vent'anni.
In via Macchiavelli c'è un'osteria
a da' lo zolfo all'uva c'era un gobbino,
la sera dopo sette gotti di vino
veniva l'Assistenza a portallo via.
In piazza Sant'Andrea c'è una campana
ma prima il campanile era nell'orto,
su sette e sette giorni la settimana
sonava un giorno a festa e quell'altri a morto.
In fondo alla via Regia è un anno e via
di Cecco Biagi c'era la farmacia,
c'han preso più clisteri le tu' cugine
che tutti l'ammalati alle Barbantine.
In fondo a via Cairoli c'era un giardino
abbandonato, triste, senza calore,
ma sulla tomba bianca del Garibaldino
a maggio e tutti l'anni sbocciava un fiore.
Al Terminetto, dietro la ferovia,
vedevi solo vigne d’uva granata;
ti vede più tegami il cavalcavia
che ciottorini il giorno dell'Annunziata.
Col fiasco con la brocca nonna Veniglia
ripensiti alla polla di via Pinciana
quando il tu damo fresco di sabbatana
ti regalò uno scialle fatto a Siviglia.
E via Zanardelli verso il piazzone
rimbiscari’ per l'occhi d'una ragazza,
ma dopo il primo nasce' del burbiglione,
ni dissi: “Attento Egisto, leqquì sdirazza”.
‘Un ti perdevi i vespri, le processioni,
parevi pitturata sopra un santino,
hai spento più candele dietro a' poggioni
che ceri il sagrestano di San Paolino.
Ha visto più rammendi il tuo reggipetto
di quanti en sulle reti d'un vaporetto,
han perso più battaglie le tu' mutande
che i fogli platanacci di Piazza Grande.
Piazza Pinciana bella, piazza Pinciana,
c'erino certe donne da da’ l'affanno,
ma erin di velle donne che 'un te la danno.
Prima alla buonasera, finché fa giorno,
ci sono tre parole in fondo al cuore:
la gioventù, Viareggio e il primo amore.
La gioventù è passata, Viareggio muore,
tu resti come un ghiozzo col primo amore…
La gioventù è passata Viareggio muore,
tu resti come un ghiozzo col primo amore.

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